Abraham Lincoln nasce il 12 febbraio del 1809 in una fattoria di Nolin Creek, in Kentucky. Figlio del fabbro falegname Thomas Lincoln e di Nancy Hanks, cresce insieme al padre e alla matrigna Sarah Bush Johnston prima di trasferirsi nell’Illinois e prestare servizio (come capitano) nell’esercito USA, oltre che lavorare come avvocato. Dopo essere stato eletto al Congresso (nel 1846) si stabilisce nella cittadina di Springfield, lotta contro il Kansas-Nebraska Act e si candida a senatore contro Stephen A. Douglas: tuttavia, il ruolo che occupa a partire dal 6 novembre del 1860 è quello di sedicesimo Presidente degli Stati Uniti d’America, carica amministrativa che consente ad esso di entrare nella storia del paese a causa della propria indole repubblicana. Scoppiano le prime tensioni fra la fazione del sud e quella del nord, Abraham Lincoln è (fin da subito) al centro di minacce e tentativi di assassinio, ma questo non impedisce ad esso di insediarsi nella Casa Bianca il 4 marzo del 1861. L’abolizione della schiavitù nei paesi ribelli, obbiettivo di guerra, diviene impulso per la modifica del tredicesimo e quattordicesimo emendamento della costituzione americana; il discorso di Gettysburg, inoltre, evidenzia il magnetico carisma di un Lincoln sempre più vicino alla rivoluzione.
Nel bel mezzo della guerra di secessione, l’odiato presidente nomina l’energico e combattivo Ulysses S. Grant a comandante dell’esercito: con la conquista di Richmond, capitale confederata, Lincoln si siede sulla scrivania di Jefferson David e dichiara la propria autorità su tutto il territorio. Il presidente accolto in città come eroe conquistatore dagli schiavi liberati, è in grado di sospendere il precetto dell’habeas corpus durante la faida e imprigionare frequentemente spie e simpatizzanti sudisti, in assenza di regolare processo: tuttavia, decide di annullare spesso le esecuzioni per clemenza. Terminato il conflitto e, pronto a riunificare gli Stati Uniti, il 14 aprile del 1865 si reca al Ford’s Theatre di Washington insieme alla moglie (ma senza la propria guardia del corpo) per assistere a “Our American Cousin”, una commedia musicale scritta dal britannico Tom Taylor: pochi secondi dopo che Abraham Lincoln prende posto sulla tribuna d’onore, l’attore e simpatizzante sudista John Wilkes Booth compare sul palco e spara un colpo di pistola calibro 44 alla testa del Presidente, oltre a farneticare la frase motto dello Stato della Virginia “Sic semper tyrannis”. (Wikipedia)
Un grandioso corteo funebre attraversa diversi stati, ma è l’intera nazione a piangere un uomo rivoluzionario ancora oggi ricordato per le proprie gesta d’altri tempi.
Abraham Lincoln: le 7 frasi più belle
Queste sono alcune sue frasi entrate nella storia:
- “Così come non vorrei essere uno schiavo, così non vorrei essere un padrone. Questo esprime la mia idea di democrazia.”
- “Noi tutti ci dichiariamo per la libertà, ma nell’utilizzare la medesima parola non tutti le diamo lo stesso significato.”
- “La religione di un uomo non vale molto se non ne traggono beneficio anche il suo cane e il suo gatto.”
- “Puoi avere tutto ciò che vuoi – se lo vuoi davvero intensamente. Puoi essere qualunque cosa tu decida di essere, fare qualsiasi cosa tu decida di realizzare, se ti aggrappi a quel desiderio con singolarità di intenti.”
- “Una politica di stato onesta è il saggio impiego delle meschinità individuali per il bene pubblico.”
- “Non sono gli anni della tua vita che contano, ma la vita nei tuoi anni.”
- “Le persone sono felici tanto quanto si mettono in mente di esserlo, il 98% della felicità sta nella mente.”
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