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Alfa Romeo Giulietta: 65 anni di romantica vita tra le berline

Alfa Romeo Giulietta del 1955

“Vedo otto Romeo ma neanche una Giulietta!”. Un ristorante di Parigi, ottobre 1950. L’esclamazione di un cantastorie, si dice che fosse un nobile russo decaduto, fa riflettere alcuni dei principali dirigenti dell’Alfa Romeo radunati intorno ad un tavolo in quel locale (nella capitale francese si stava tenendo il Salone dell’automobile). Da lì a poco verrà deciso il nome per il modello di medie dimensioni che avrebbe dovuto trasformare la casa del Portello. Alfa Romeo Giulietta, suonava decisamente bene. Dal teatro di Shakespeare all’industria, da Verona a Milano.

Questo aneddoto è suggestivo, sebbene non sia certa la sua veridicità. Fornisce tuttavia un alone misterioso e romantico che circonda molto bene la nascita di una delle auto più importanti nella storia della marca milanese. Perché questo modello trasformò l’Alfa da azienda poco più che artigianale ad industria moderna, dotata di catene di montaggio per la produzione in larga scala. Tre generazioni principali sono state intervallate da alcuni decenni, così la berlina Giulietta compie 65 anni mentre è ancora in produzione. Merita indubbiamente un omaggio.

I 65 anni dell’Alfa Romeo Giulietta, le origini

Alfa Romeo Giulietta del 1955 al Museo Alfa di Arese

Completata la ricostruzione fisica dell’Italia, lo Stato riorganizzò le aziende pubbliche creando diverse società che facevano capo all’IRI. Nel 1948 venne istituita Finmeccanica per racchiudere le principali industrie meccaniche, fra queste appunto l’Alfa Romeo. Nel 1951 salì al ruolo di direttore generale di Finmeccanica Giuseppe Luraghi, uno dei migliori manager che l’Italia abbia mai avuto. Egli si occupò molto da vicino dell’Alfa (nel 1960 ne sarebbe diventato il presidente, dopo una parentesi nel settore privato alla Lanerossi). In quel momento l’azienda milanese era in salute grazie al successo commerciale della fantastica 1900, prodotta in circa 20 unità al giorno. Sì, perché la fabbrica del Portello lavorava ancora ad un livello poco più che artigianale. Gli impianti erano sottoutilizzati, ciò significa perdere un sacco di soldi in costi fissi. Dunque l’azienda si trovava ad un bivio.

Restare piccoli in un momento in cui l’Europa si era già ripresa dalla guerra e stava crescendo a pieno ritmo, quindi perdere terreno rispetto alla concorrenza e di conseguenza recedere entrando in crisi. Oppure compiere il salto verso la vera dimensione industriale di massa. Per farlo era necessario un nuovo modello, di fascia inferiore rispetto alla costosa 1900.

Il punto di riferimento era la Fiat 1100, anch’essa in fase di profondo rinnovamento. Quindi ci si doveva porre un gradino più in alto in quanto a prestazioni e dotazioni. Va bene compatta, però doveva rimanere pur sempre un’Alfa. Per depistare l’ambiente esterno, fu invece fatto credere che si stesse lavorando ad un’utilitaria, nominata internamente come Tipo 750. Il numero si riferiva ad un’ipotetica cilindrata ripresa da una delle proposte preliminari in cui effettivamente si prevedeva un motore più piccolo e addirittura la trazione anteriore.

La coupé Giulietta Sprint prima della berlina

Un’Alfa Romeo Giulietta Sprint del 1954

Luraghi chiamò a riorganizzare la fabbrica l’ingegnere austriaco Rudolf Hruska, proveniente dalla breve e sfortunata esperienza della Cisitalia. Ma nel suo curriculum brillava una cosetta quale lo sviluppo del Maggiolino Volkswagen, prima della guerra nello studio di Ferdinand Porsche a Stoccarda. L’obiettivo assegnatogli da Luraghi fu semplice e tremendo. Arrivare ad una produzione di 200 unità al giorno, cioè dieci volte di più della 1900. Hruska tuttavia non era solo, poteva contare su tecnici di altissimo livello. Quindi Giuseppe Busso si occupò del motore, Orazio Satta Puliga di telaio e altre parti meccaniche, Giuseppe Scarnati diresse la preparazione della carrozzeria nel centro stile interno.

 L’ingegnere italiano Orazio Satta Puliga

Nel 1953 gran parte dei problemi di sviluppo era risolta, tranne uno piuttosto grande. Il prototipo della berlina continuava ad essere troppo rumoroso nell’abitacolo, eccessivo per essere accettato dalla clientela che s’intendeva catturare. Automobilisti normali, amanti delle prestazioni ma non fanatici, i quali pretendevano da un’auto “premium” (perché tale era la sua fascia di mercato) anche un adeguato livello di comfort.

L’ingegnere austriaco Rudolf Hruska

Il problema era grave, perché fino a quando un prototipo non è perfetto non si può procedere allo stampaggio di tutte le parti, quindi non è possibile avviare la produzione. Hruska allora propose di prendere tempo in modo intelligente. Produrre inizialmente una piccola serie della versione coupé, facendone costruire esternamente la carrozzeria. Dopo alcuni contrasti fra gli altri dirigenti, Luraghi appoggiò il piano di Hruska e diede il via libera alla produzione della Giulietta Sprint. Questo modello venne presentato al Salone di Torino del 1954. Una curiosità: contemporaneamente fu mostrato anche il furgone Romeo, quando si dice il destino. La Giulietta Sprint ebbe inaspettatamente un successo tale da mettere in seria difficoltà la Bertone, a cui venne commissionata la carrozzeria.

La berlina Alfa Romeo Giulietta

Alfa Romeo Giulietta del 1955

Ma l’obiettivo venne raggiunto. Nell’anno supplementare a disposizione i problemi di rumorosità vennero risolti, così l’Alfa Romeo Giulietta con carrozzeria berlina fu pronta per la produzione. La presentazione ufficiale al pubblico avvenne il 20 aprile 1955, giorno di apertura del Salone di Torino. La Giulietta era compatta ma spaziosa (lunghezza di 398 cm, per l’epoca era una media abbondante); aveva un buon bagagliaio, un aspetto gradevole, interni curati.

Ma era soprattutto un’Alfa Romeo, quindi una sportiva per gli umani. Non un’auto da corsa travestita, bensì una vettura capace di far divertire chi amava guidare senza che fosse necessario chiamarsi Fangio o Ascari. Poi ci si poteva anche scarrozzare la famiglia in tutta tranquillità. La sportività era data dalla leggerezza, solo 870 Kg di peso, dall’ottimale bilanciamento delle masse, dai freni eccezionali per la categoria (ricordiamoci che la frenata restò un punto dolente per tutte le automobili almeno fino ai tardi anni ’70), dalle sospensioni raffinate e dal motore da 1.290 cc che erogava la bellezza di 50 cavalli. Tanti, per una berlina familiare dell’epoca, sufficienti a raggiungere 140 Km/h di velocità massima e accelerare sul chilometro da fermo in 38,6 secondi. E non consumava nemmeno tantissimo, solo 8,3 l/100 Km.

Il successo fu rapido e consistente, tanto da cogliere di sorpresa la casa che faticò non poco a sostenere il ritmo delle richieste. Negli undici anni in cui restò in produzione, la prima Giulietta berlina venne prodotta in oltre 131mila esemplari. Ricordiamo la versione più sportiva, pensata per le corse: la Giulietta TI del 1957, in cui il motore venne potenziato a 65 cavalli, seguita da un’evoluzione del 1961 da 74 cavalli. Il momento di arrivare in pensione arrivò nel 1966, ormai la Giulia era sul mercato da quattro anni e volava irraggiungibile.

La Giulietta degli anni ‘70

L’Alfa Romeo Giulietta nel 1977

La storia automobilistica è come quella cinematografica. Piena di “remake”. Nel 1973, nel pieno della crisi petrolifera e alle prese con pesanti problemi di ordine economico e sociale, in Alfa si rese necessario creare un modello intermedio tra la popolare Alfasud e la preziosa Alfetta, mentre l’ormai veneranda Giulia era avviata verso il tramonto (sebbene le vendite continuassero ad essere buone). La parola d’ordine era. Contenere i costi, per il costruttore e di riflesso per il compratore. Quindi venne adottata l’identica meccanica dell’Alfetta, mantenendo i motori più piccoli già in uso alla Giulia, quindi il 1.3 e il 1.6. Ovviamente anche allestimenti e finiture dovevano fermarsi ad un livello inferiore all’Alfetta. Fu deciso inoltre di recuperare un nome già diventato storico, appunto la Giulietta. Sempre berlina a tre volumi (lunghezza 421 cm), la nuova generazione tuttavia ebbe un aspetto decisamente originale e dinamico, un vero e proprio cuneo con una coda piuttosto inconsueta. Il design venne firmato da Ermanno Cressoni, il direttore del centro stile interno in quegli anni (furono sue anche le successive 33 e 75).

Un esemplare di Alfa Romeo Giulietta Turbodelta del 1984

La nuova Giulietta arrivò sul mercato nel 1977, sfornata dalle linee di produzione di Arese. Il motore 1.3 erogava 95 cavalli e il 1.6 arrivava a 109. Successivamente la gamma fu arricchita da un 1.8 da 122 cavalli e, nel 1980, anche da un 2.0 da 130 cavalli. La versione più sportiva uscì nel 1984, la Giulietta 2.0 Turbodelta: il motore sovralimentato con turbocompressore e preparato dal reparto corse Autodelta arrivava a ben 170 cavalli, per un peso inferiore a 1.100 kg. Da buona Alfa, volava. La carriera della seconda Giulietta terminò nel 1985, quando ormai anche la gestione statale dell’Alfa Romeo stava tramontando. Venne prodotta in quasi 380mila unità.

La Giulietta di oggi. L’ultima?

In pista insieme, Alfa Romeo Giulietta Sprint e l’attuale del 2014

Un’altra rinascita, questa volta ai giorni nostri. Nel 2010 quasi un quarto di secolo era passato da quando l’Alfa venne acquisita dalla Fiat. Il primo decennio del XXI secolo fu a dir poco burrascoso per il gruppo torinese, più volte sull’orlo del fallimento. Ma Sergio Marchionne compì un’impresa sovrumana e riportò l’azienda italiana in acque sicure. Si poteva quindi riavviare un rinnovamento della gamma anche per il marchio Alfa Romeo che proprio in quell’anno festeggiava il secolo di vita. La nuova berlina media si apprestava a prendere il posto della fortunata 147, mantenendone l’impostazione. Quindi carrozzeria a due volumi (lunghezza 435 cm), trazione anteriore e motore trasversale, sempre davanti. Tutta nuova invece la piattaforma, la Compact del Gruppo Fiat-Chrysler. Sempre raffinata la meccanica con sospensioni McPherson all’anteriore e Multilink al posteriore, nonché un differenziale elettronico che diminuisce sensibilmente il sottosterzo, favorendo un comportamento neutro in curva. Perché un’Alfa, di qualunque fascia o epoca, deve sempre regalare sensazioni sportive.

Alfa Romeo Giulietta Quadrifoglio del 2014

La Giulietta attuale, allo stesso modo delle antenate omonime, ha anche un design indovinato, sempre realizzato nel centro stile della casa e firmato da Lorenzo Ramaciotti (sue quando lavorava alla Pininfarina alcune splendide Ferrari, fra cui la Enzo, poi in Alfa ha successivamente disegnato la 4C). Eccellente il cambio a doppia frizione TCT, mentre di motori ne sono stati disponibili in grande quantità, a benzina, gasolio e GPL. Ricordiamo però con particolare affetto l’esuberante 1.750 turbocompresso che ha equipaggiato le versioni Quadrifoglio e Sprint, potenze di 235 e 240 cavalli. Lo stesso propulsore è stato poi collocato, dietro, nel vano della favolosa supercar 4C.

La Giulietta di oggi, prodotta a Pomigliano d’Arco, ha regalato diverse soddisfazioni alla casa italiana, tuttavia non è stata aggiornata con la stessa frequenza tipica dei modelli odierni. Quindi negli ultimi anni ha progressivamente perso il favore del pubblico. Alla fine del 2020 la sua produzione terminerà. Al momento non è prevista la sua sostituzione con una nuova berlina. E’ tempo di lasciare spazio al Suv Tonale. Tuttavia sarebbe un errore dare per morta Giulietta. Si riposerà per alcuni anni, ma prima o poi troverà il modo di tornare, in una forma adeguata ai tempi e dall’immutato fascino che questo nome evoca, automobilisticamente parlando, da 65 anni.

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