Sixty Last Supper: le 60 Ultime cene di Andy Warhol

A trent’anni dalla morte, Milano celebra il genio della pop art attraverso la mostra Andy Warhol, Sixty Last Supper, visitabile a partire dal prossimo 24 marzo (al 18 maggio 2017) presso il Museo del Novecento.

Nella Sala Fontana del museo milanese, troverà posto la celeberrima interpretazione dell’Ultima Cena di Leonardo Da Vinci: Sixty Last Suppers, una delle più importanti opere dell’artista americano, nonché l’ultima da lui realizzata.

Sixty Last Supper

Commissionatagli nel 1984 dal gallerista e collezionista Alexander Iolas, la famosa interpretazione di Warhol del Cenacolo Vinciano prende vita tra il 1985 e il 1987, articolandosi in una serie di oltre 100 variazioni sul tema, soprattutto serigrafie, dipinti e opere su carta, che andranno a costituire la più grande serie di opere a tema religioso mai realizzata da un artista statunitense.

Le 6o Ultime cene di Andy Warhol

Il monumentale ciclo è stato realizzato a partire da una riproduzione commerciale della famosa pittura murale di Leonardo da Vinci, rivista da Warhol in chiave pop. Un’operazione clamorosamente dissacrante, in grado di svelare la natura dell’arte nella società dei consumi: nelle mani di Andy Warhol il Cenacolo di Leonardo viene trasfigurato, demitizzato e reiterato, perdendo la sua unicità e divenendo un prodotto di consumo, esattamente come la zuppa Campbell’s, il fustino Brillo, la Coca Cola e le icone del cinema, utilizzate dal padre della pop art per interrogarsi sul modo in cui oggi viviamo il nostro rapporto con l’arte.

Affianco al ciclo Sixty Last Supper, durante la Art week milanese sarà inoltre possibile ammirare altre famose opere dell’artista, dalla zuppa Campbell, alla scatola Brillo, anch’esse ospitate Museo del Novecento in occasione del trentesimo anniversario della morte di Warhol, avvenuta nel febbraio 1987.

Andy Warhol

Ultimo di tre figli, Warhol cresce nei dintorni di Pittsburgh. Terminati gi studi si trasferisce a New York, dove lavora come vetrinista, disegna scenografie e presto inizia a collaborare come grafico pubblicitario presso riviste quali “Vogue”, “Harper’s Bazar” e “Glamour”.

Nel 1952 tiene la prima personale alla Hugo Gallery di New York, ma è solo negli anni ’60 che inizia ad utilizzare la tecnica di stampa serigrafica, concentrandosi sulla riproduzione di immagini-simbolo della cultura di massa americana, siano esse le inconfondibili bottigliette di Coca Cola, i detersivi in scatola o il volto di Marilyn Monroe.

Nel 1962 fonda quindi la “Factory”, punto di ritrovo per musicisti e artisti, nonché sorta di officina di lavoro collettivo, dove Warhol e i suoi collaboratori producevano le ormai famose serigrafie e litografie, ma anche luogo in cui si tenevano feste, provini, si consumavano droghe, producevano scarpe, film, sculture e molto altro ancora: la Factory è il vero cuore pulsante della rivoluzione artistica guidata da Warhol.

Negli ultimi anni, il padre della pop art rivolgerà quindi la sua attenzione alla rivisitazione di opere di grandi maestri del Rinascimento: Paolo Uccello, Piero della Francesca e, soprattutto, Leonardo da Vinci, componendo il celebre ciclo “The Last Supper” (L’ultima cena), in cui si avverte chiaramente l’influenza dell’amico e collega Jean-Michel Basquiat.

Ormai considerato uno dei più grandi geni artistici del suo secolo, a soli 59 anni Andy Warhol muore a causa di complicazioni sorte durante una semplice operazione chirurgica.

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Kandinskij “Il cavaliere errante”: la mostra al MUDEC di Milano.

Martina Brusini

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