Finalmente prezzi in rallentamento | ISTAT fissa l’inflazione di ottobre al 1,2%: quali sono gli effetti sugli stipendi?

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Il rallentamento dell’inflazione prosegue: secondo i dati ISTAT, a ottobre i prezzi al consumo crescono solo dell’1,2% su base annua. Ma cosa significa per il potere d’acquisto e per gli stipendi degli italiani?

Dopo mesi di tensioni sui prezzi, arriva un segnale di respiro per i consumatori. L’ultimo aggiornamento diffuso dall’ISTAT conferma che l’inflazione in Italia continua a rallentare, attestandosi all’1,2% su base annua. Si tratta di un dato che riporta il Paese su livelli non visti dal 2021 e che segna un’inversione rispetto alle impennate registrate nel biennio precedente. I rincari, insomma, non spariscono, ma si muovono con un ritmo decisamente più contenuto.

Il rallentamento riguarda in particolare i beni energetici e alimentari, che negli ultimi anni avevano trainato la crescita dei prezzi. Le famiglie se ne accorgono alla cassa: le bollette si stabilizzano, alcuni prodotti alimentari tornano a cifre più accessibili e le spese quotidiane appaiono meno gravose. Tuttavia, l’effetto non è uniforme: le retribuzioni non crescono con la stessa rapidità, e ciò significa che il miglioramento del potere d’acquisto resta parziale.

Cosa c’è dietro il rallentamento dei prezzi

Secondo l’ISTAT, la frenata è legata a una combinazione di fattori: il calo dei costi energetici, la riduzione della domanda interna e il riequilibrio delle catene di approvvigionamento. I prezzi dei carburanti e del gas naturale, dopo le oscillazioni del 2022 e 2023, hanno mostrato una maggiore stabilità. Anche la spinta dei beni alimentari lavorati si è affievolita, segno che l’inflazione “di fondo” — quella al netto delle componenti più volatili — resta contenuta.

In parallelo, la dinamica dei prezzi nei servizi continua a essere moderata, riflettendo un rallentamento generale dei consumi. Gli indicatori segnalano che le famiglie italiane mantengono un atteggiamento prudente, orientandosi verso spese più selettive. Questa moderazione, pur frenando i rincari, è il sintomo di un clima economico ancora fragile, dove il miglioramento non si traduce subito in un rilancio della fiducia.

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Gli effetti concreti su salari e potere d’acquisto

Un’inflazione più bassa riduce l’erosione del reddito, ma non basta a garantire un recupero pieno degli stipendi. Negli ultimi anni, infatti, i salari reali hanno perso terreno rispetto ai prezzi, e il lieve rallentamento non compensa ancora le differenze accumulate. Secondo le rilevazioni ISTAT, il potere d’acquisto medio resta inferiore a quello del periodo pre-pandemia, nonostante la minore pressione inflazionistica.

Il beneficio, tuttavia, è tangibile per alcune categorie: i redditi fissi, le pensioni indicizzate e chi ha visto adeguamenti contrattuali recenti percepiscono un miglioramento più netto. La prospettiva per i prossimi mesi dipenderà da due variabili: la tenuta dei prezzi energetici e il rinnovo dei contratti collettivi. Se l’inflazione resterà intorno all’1%, gli aumenti salariali potranno finalmente tradursi in un guadagno reale, ridando ossigeno ai bilanci familiari e alla fiducia dei consumatori.