TARI, ora è legge: NON va più pagata | Nessuno può obbligarti a farlo, con quei soldi comprati l’ultimo iPhone

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Tutto quello che c’è da sapere sulla Tari. Non va pagata e nessuno può obbligarlo a farlo. Come risparmiare quei soldi.

Una Tassa sui Rifiuti tanto indigesta a molti cittadini, ma non tutti. Rappresenta un tributo locale essenziale destinato a coprire i costi relativi al servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti urbani.

Istituita a livello nazionale, la TARI è dovuta in ogni Comune italiano, sebbene le tariffe e le modalità applicative possano variare a seconda delle delibere specifiche adottate dall’ente locale. È una componente fondamentale del bilancio comunale per garantire un ambiente pulito.

Il presupposto d’imposta per la TARI non è la produzione effettiva di rifiuti, ma la semplice qualsiasi titolo (proprietà, locazione, usufrutto, ecc.), locali o aree scoperte che siano idonei a generare rifiuti urbani. Un criterio oggettivo che mira a semplificare l’applicazione del tributo.

I soggetti passivi obbligati al pagamento della TARI sono tutti coloro che occupano o detengono gli immobili sopra descritti. Nel caso di locazione, ad esempio, se il contratto ha una durata superiore ai sei mesi, l’obbligo ricade sull’inquilino. In caso di uso inferiore, rimane in capo al proprietario.

Come si calcola

Il calcolo si basa su una quota fissa (metratura) e una variabile (numero di occupanti o destinazione d’uso). Per non commettere errori o versare più del dovuto, è cruciale presentare al Comune la dichiarazione iniziale, di variazione o cessazione dell’occupazione o detenzione degli immobili.

Molte riduzioni ed esenzioni, come quelle per immobili oggettivamente inutilizzabili (ad esempio inagibili o privi di allacci attivi), devono essere documentate e richieste attivamente dal contribuente.

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Riscuotere la TARI a tempo determinato

Venendo al tema centrale, il diritto del Comune di riscuotere la TARI non è illimitato nel tempo. Per i tributi locali, come confermato dalla giurisprudenza, il termine di prescrizione è fissato a cinque anni, ai sensi dell’articolo 2948 del Codice Civile. Questo termine decorre dall’1° gennaio dell’anno successivo a quello per cui il tributo è dovuto.

Se si crede che l’avviso contenga degli errori, è possibile chiedere al Comune di annullare l’avviso. Come? Attraverso un’istanza in autotutela, una richiesta che punta a correggere l’errore senza dover passare per un giudice. Ha diritto a fare l’istanza la persona alla quale è intestato l’avviso, ma anche un delegante. Importante, se trascorrono questi cinque anni senza che il Comune o l’agente della riscossione abbiano notificato validi atti interruttivi (come avvisi di accertamento o cartelle esattoriali), l’obbligazione si estingue: il debito è prescritto e non dovrai più pagarlo. In tali casi, potrai contestare la richiesta e tenerti i soldi risparmiati, magari per un nuovissimo iPhone.