Il panorama della micromobilità non conosce confini. E ne è un lampante esempio il rivoluzionario scooter gonfiabile made in Japan chiamato POIMO. Una ebike senza pedali diversa dal solito. Come suggerisce il nome. Che sta per Portable and Inflatable Mobility, ovvero mezzo per la mobilità portatile e gonfiabile. Infatti questo scooter gonfiabile non ha una struttura rigida. Chi l’ha ideato immagina che POIMO possa essere comodamente trasportato rinchiuso in uno zainetto quando non serve, e rapidamente gonfiato e cavalcato quando i tragitti urbani si allungano. Il peso di poco più di 5,5 kg complessivi lo consentirebbe.
Prototipo realizzato dall’Università di Tokio, POIMO è stato presentato nella biblioteca digitale dell’Association for Computing Machinery (ACM) come parte di “Extended Abstracts” della conferenza CHI 2020 sui fattori umani nei sistemi informatici. Un lavoro complicato, frutto del genio di Hiroki Sato, Young ah Seong, Ryosuke Yamamura, Hiromasa Hayashi, Katsuhiro Hata, Hisato Ogata, Ryuma Niiyama e Yoshihiro Kawahara.
Lo scooter gonfiabile POIMO è realizzato in poliuretano termoplastico e si appoggia su una piattaforma elettrica a quattro ruote simile a uno skateboard. Poi, una volta gonfiato, regge il peso della persona, si attacca al gruppo propulsore elettrico ed è pronto per viaggiare. Infatti il secondo passaggio prevede di applicarvi le componenti ‘rigide’, ovvero le quattro rotelle, il propulsore elettrico e le due manopole wireless che permettono di azionarlo.
In realtà dal filmato diffuso in Giappone non si capisce bene dove vengano riposte le altre componenti strutturali, cioè ruote, telaio, batterie, motore brushless, manubrio con controller wireless integrato. Certo è che una volta arrivato a destinazione, il pilota in pochi secondi può sgonfiare POIMO, ripiegarlo e infilarlo facilmente in una piccola borsa. POIMO è per ora solo un prototipo. Gli ideatori sono convinti che nella versione definitiva sarà ancora più leggero, meno ingombrante e meno costoso. Quindi appetibile per un’ ampia fascia di utenti. Ma la vera sfida sarà renderlo “socialmente accettabile”. È difficile immaginarsi a bordo di un veicolo che all’apparenza non incute sicurezza e stabilità.
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