Robin Williams: la tristezza nascosta in un sorriso

A Chicago, il 21 luglio del 1951, nasce uno degli attori più simpatici e istrionici di Hollywood: Robin Williams. Cresciuto con il teatro, è con la televisione – a fine anni Settanta – che diventa un fenomeno planetario grazie al personaggio di Mork in Mork & Mindy. Da allora, ha interpretato ruoli divertenti, a volte comici, ma anche di spessore e drammatici.

Robin Williams: la carriera

Nel 1980 ha interpretato Braccio di Ferro in Popeye di Robert Altman, sette anni dopo ha dato il buongiorno ai soldati Usa in Good Morning, Vietnam. E’ stato professore ne L’Attimo Fuggente nel 1989, così come l’adulto Peter Pan in Hook – Capitan Uncino di Steven Spielberg nel 1991. Divertente, travestito da tata, in Mrs Doubtfire nel 1993, è stato ancora lui il protagonista di Patch Adams e di Jumanji. Scelto anche per i thriller One Hour Photo e Insomnia, ha vestito anche i panni del presidente Theodore Roosvelt nella trilogia di Una notte al museo (2006, 2009 e 2014). Nel corso della propria carriera ha duettato con attori come Robert De Niro, Dustin Hoffman, Jeff Bridges e Al Pacino

La morte

Dopo quattro nominations, ha conquistato l’Oscar nel 1998, vincendo come miglior attore non protagonista per il suo ruolo in Will Hunting – Genio Ribelle. E’ stato ritrovato dai vigili del fuoco, morto, l’11 agosto del 2014 nella sua casa di Paradise Cay, in California. A quanto pare, si sarebbe tolto la vita, probabilmente perché poco tempo prima aveva saputo di essere affetto dal morbo di Parkinson. Oppure perché in preda ad allucinazioni, dovute alla demenza da corpi di Lewy, patologia che si manifesta appunto con allucinazioni visive.

Sposato nel 1978, dieci anni dopo divorziò dalla ballerina Valeria Velardi, con cui aveva avuto un figlio, Zachary. I giornali avevano scoperto la sua relazione con Marsha Garces, la bambinaia del piccolo. La sposò nel 1989 ed ebbe altri due figli, Zelda e Cody Allan. Nel 2008, i due annunciarono di essere separati; un terzo matrimonio, nel 2009, con la graphic designer Susan Schneider.

[Photo free Pixabay]

Barbara Vellucci

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