Robert Watson-Watt
Il mondo è in fermento, la Seconda guerra mondiale si avvicina, ma c’è ancora tempo – il 26 febbraio 1935 – per applaudire una scoperta: Robert Watson-Watt dimostra infatti come funziona il radar. Che sarà decisivo, proprio durante il conflitto, per portare alla sconfitta la Germania nazista.
Non è una bella giornata per l’Italia quel 26 febbraio 1935 perché in realtà Guglielmo Marconi aveva già capito il criterio alla base del funzionamento del radar, ma al fisico britannico verrà dato l’onore di aver realizzato il primo sistema di telerilevamento, indispensabile in cieli e mari che sono molto trafficati.
Fin dal 1886, grazie agli studi del tedesco Hertz sulla capacità di riflettere onde radio attraverso oggetti solidi, si erano susseguiti tentativi di realizzare un apparecchio che fosse in grado di captare gli impulsi elettromagnetici, prevalentemente sul fronte meteo. Lo stesso fisico scozzese Robert Watson-Watt fu incaricato dall’Ufficio meteorologico del Regno Unito di interessarsi all’argomento proprio mentre stava già svolgendo studi nel campo. L’uomo mise a punto un sistema di mappatura dei temporali, in grado di captare a distanza i segnali radio dei fulmini.
Poteva una scoperta simile restare limitata alle condizioni del tempo? Naturalmente no. Il governo britannico ci vide subito la possibilità di applicare lo stesso meccanismo in campo militare, per localizzare ostacoli in campo aereo e navale. Robert Watson-Watt lavorò fianco a fianco con Edward Victor Appleton, che vincerà il premio Nobel per la fisica nel 1947, costruendo una serie di antenne che inviavano il segnale verso l’alto, fino alla ionosfera, dove veniva riflesso riportando alla fonte informazioni sull’esatta distanza dalla sorgente di un dato corpo.
Chiaro che ci si stava avvicinando sempre di più all’obiettivo della ricerca. Watt riuscì a capire come rendere visibili su uno schermo i segnali radio emessi e a tracciarne la durata della loro propagazione. Il 26 febbraio 1935 fu dunque il giorno della prima dimostrazione di telerilevamento. Watt captò l’esatta posizione di un aereo, in silenzio radio e in mezzo alla nebbia.
Quattro anni dopo la Gran Bretagna era piena di stazioni radar che avvertivano l’avvicinarsi di aerei nemici anche a 120 chilometri di distanza. Alla tecnologia, nel 1940, la Marina degli Stati Uniti dette il nome di Radar (Radio Detection and Ranging), ossia ‘radio rilevatore e misuratore di distanza’. Navi e aerei furono dotati tutti di questo apparecchio e aumentò la sicurezza per i passeggeri e le rotte commerciali.
Tornando a Marconi, nel 1922, al Congresso degli ingegneri americani a New York, annunciò di essere molto vicino a costruire un dispositivo in grado di rendere visibili gli oggetti in condizioni di buio totale o nebbia. L’esercito italiano, però, non ritenne di dover finanziare lo studio. Marconi, perciò, si concentrò sull’utilizzo delle microonde nella radiotelegrafia delle navi in luogo di scarsa visibilità. Per i primi radar, in Italia, si dovette attendere addirittura il 1950.
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