Candy Candy
Il primo ottobre del 1976 va in onda il primo episodio del famoso cartone animato Candy Candy. Prodotto dalla Toei Animation, si ispira al manga di Yumiko Igarashi che, a sua volta, aveva preso spunto dal romanzo di Kyoko Mizuki, che aveva pure collaborato alla versione manga. In tutto, saranno 115 gli episodi della serie, che raccontano la storia della piccola orfana Candy fino alla maturità.
In Italia arriverà quattro anni dopo, nel 1980, riscuotendo ugualmente molto successo con il titolo prima originale e poi come Dolce Candy (dal 1989). Sono le tv locali inizialmente a trasmettere il cartone prima che, dal 1982, approdi su Canale 5; la sigla cantata da Rocking Horse è addirittura un successone.
Il personaggio ispira pure una linea di giocattoli, così come altri gadget di vario genere. Dalla fine degli anni Novanta, Candy Candy non verrà più trasmessa a causa di un contenzioso legale sul copyright (in Italia, è il 1997 quando vengono proposte le ultime repliche): da una parte Igarashi, dall’altra Mizuki. Con buona pace dei tanti fan che ne chiedevano la riproposizione. (Wikipedia)
Quel primo episodio del 1976 segna comunque la storia. In una notte di neve, davanti alla porta dell’orfanotrofio religioso Casa Pony vengono abbandonati due neonati. Suor Maria e Miss Pony le chiamano Annie e Candy.
Il doppiaggio italiano caratterizza purtroppo un grave errore: stravolge il finale dell’edizione originale giapponese, lasciando intendere che Albert/zio William rimarrà per sempre un caro amico e che Terence lascerà Susanna per tornare da Candy. In realtà, nel manga Terence torna da Susanna e Albert e Candy forse si fidanzano.
Del manga originario, in Italia, esiste un’edizione riadattata, censurata e ricolorata, pubblicata dalla Fratelli Fabbri Editori, in 77 uscite settimanali. L’editore, in realtà, portò la serie a ben più delle 77 uscite dell’edizione nipponica, arrivando a 326 numeri, con un prosieguo della storia completamente inventato e disegnato in Italia.
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