Manifesto del futurismo
Il Manifesto del futurismo, prima avanguardia storica italiana del Novecento, è scritto da Filippo Tommaso Marinetti e pubblicato in forma di declamatoria per fornire una raccolta concisa di pensieri, convinzioni e intenzioni dei Futuristi, il 5 febbraio del 1909. Dopo aver fatto la propria comparsa (in anteprima) sulla Gazzetta dell’Emilia, il Manifesto è tradotto in francese e appare sulla prima pagina del prestigioso Le Figaro (datato 20 febbraio) in seguito ad un presunto interessamento di un vecchio amico egiziano del padre di Marinetti, nonché azionista del quotidiano: grazie a quest’ultima edizione, il progetto ideato per rappresentare una reazione alla cultura borghese (e al decadentismo dannunziano) conquista una notevole risonanza europea ed internazionale. (Wikipedia)
Futurismo e Fascismo sono spesso paragonati per via della violenza verbale e metaforica espressa dal Manifesto, in virtù di un imponente senso di nazionalismo: rivoluzione e crescita industriale rappresentano infatti l’inizio di un glorioso momento per tutte le culture del vecchio continente, cui anche l’Italia (attraverso gli attivisti) sente il bisogno di fare parte esponendo la propria voce attraverso suoi simboli, come la velocità dell’automobile. L’interpretazione bellica come “igiene” del mondo è accomunata inoltre con la dittatura nera per via dell’articolo 9 del Manifesto, che definisce essa come una specie di bisogno per lo spirito umano, ovvero una purificazione che permette e favorisce l’idealismo: secondo alcuni, questa definizione ha in seguito influenzato movimenti di massa che portano al totalitarismo italico, teutonico e russo.
Politica e Marinetti divengono comune realtà a seguito della Prima Guerra Mondiale e fondazione del Partito Politico Futurista: nel proprio programma elettorale il poeta e scrittore contempla lo “svaticanamento dell’Italia” ed il passaggio dalla monarchia alla repubblica ma, il 23 marzo del 1919, partecipa all’adunata di piazza San Sepolcro a fianco di Benito Mussolini. Dopo aver confluito nei Fasci di combattimento, il 15 aprile dello stesso anno guida un eterogeneo gruppo costituito da arditi, futuristi e fascisti alla volta di uno scontro coi militanti del Partito Socialista (culminato nell’assalto all’Avanti!). Nel maggio del 1920, Marinetti partecipa al secondo congresso dei Fasci ed insiste ad esporre i principali temi della sua battaglia politica: la contrariata manovra delle camice nere, tuttavia, è motivo di dimissione e divergenza dal fascismo da parte del futurista, poco prima della fine dell’anno.
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